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La risposta della Redazione

 

 

Piano risanamento acustico di Cagliari

 

 

 

Le questioni rappresentate sono assai complesse, poiché intercettano diversi e differenti aspetti in ordine alle ragioni per quali viene definito il piano di Classificazione Acustica del territorio comunale, di cui all'articolo 6, comma 1, della Legge 26 ottobre 1995, n. 447 e s.m.i., recante "Legge quadro sull'inquinamento acustico", e il successivo Piano di Risanamento Acustico, di cui all'articolo 7, comma 1, della medesima Legge quadro.

Senza entrare in una disamina di tali questioni, le quali richiederebbero un approfondito esame dello specifico caso, cercheremo più semplicemente di offrire alcune informazioni di base nel tentativo di aiutare a dirimere i principali interrogativi posti. Per questo, partiamo col dire che la Classificazione Acustica del territorio rappresenta uno strumento di governo locale, utile per definire un ordinato programma di sviluppo del territorio che includa, fra i suoi principi, la gestione e la salvaguardia degli effetti cagionati dal rumore.

La Classificazione acustica è quindi una diretta e conseguente espressione delle decisioni assunte dal Comune, il quale è tuttavia chiamato a ricondursi ad alcuni preminenti riferimenti definiti dalla Legge 447/95 e, in particolare, ai criteri fissati dalla Linee guida della Regione, redatte ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera a), o in loro assenza ai criteri proposti dalle "Linee guida relative ai criteri per la classificazione acustica dei territori comunali" redatte dall'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e servizi Tecnici (APAT), oltreché più genericamente al rispetto dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, della medesima Legge quadro.

Nell'ambito di una prima stesura, tuttavia, così come riconosciuto da oramai consolidato orientamento giurisprudenziale e dagli stessi indirizzi tecnici proposti dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la Classificazione Acustica non può sottrarsi dal voler considerare l'effettiva e preesistente destinazione del territorio, definita dai regolamenti urbanistici vigenti, ancorché questi possano includere destinazioni diverse, se non addirittura difformi dai canoni di salvaguardia dal rumore, auspicati attraverso un'organica e ordinata diposizione delle aree a differente vocazione antropica. Fra le situazioni forse più critiche possiamo certamente annoverare l'accostamento di aree produttive o ad intensa attività umana ad aree residenziali, così pure nuove edificazioni ad uso abitativo a ridosso di infrastrutture rumorose. Tali condizioni, risentendo della precedente destinazione d'uso, spesso "costringono" a dover attribuire a tali aree classi acustiche con limiti più elevati, considerato che, diversamente, si imporrebbero oneri di risanamento troppo gravosi, se non addirittura di incerta fattibilità. Comunque, si auspica che nei successivi aggiornamenti si possa perseverare nella definizione di costanti e continue misure per il contenimento del rumore, così come peraltro invocato nell'applicazione della Direttiva 2002/49/Ce relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambienta.

Ciò considerato, sulla scorta anche di tali imprescindibili elementi, l'intero territorio comunale è suddiviso in aree omogenee, a ciascuna delle quali è attribuita una delle sei classi acustiche indicate dalla Tabella A, del d.P.C.M. 14 novembre 1997, recante "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore".

Ai Comuni non viene dunque riconosciuta la possibilità di individuare limiti differenti da quelli previsti dal citato d.P.C.M., essendo questa una prerogativa in capo allo Stato. Fanno eccezione le aree che rivestono un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, per le quali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera f), della citata Legge quadro, il Legislatore nazionale ha concesso al Comune la facoltà di istituire limiti inferiori. Inoltre, possono essere definiti valori limite diversi da quelli indicati dalla Classificazione Acustica per la tutela delle aree interessate dalle c.d. "attività temporanee", le quali possono essere vincolate ad apposite soglie limite del rumore, definite all'interno del regime autorizzativo in deroga ai valori limite di rumore, disposto dal Comune, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera h), della citata L.447/95.

Dal successivo confronto fra i limiti imposti e i livelli presenti sul territorio, che per gli agglomerati con più di 100ml abitanti sono ricavati dalla mappatura strategica, sono individuate le aree nelle quali sono presenti dei conflitti che il Piano di Risanamento Acustico dovrà farsi carico di risolvere. Il PRA può dunque essere riconosciuto come quell'importante strumento attraverso cui il Comune definisce le modalità di contenimento delle immissioni sonore per le aree in cui sono stati riscontrati livelli di rumore superiori ai valori di attenzione o nei casi in cui siano stati previsti dei "salti" di classe, ossia allorquando siano presenti accostamenti di aree con valori che si discostano in misura superiore a 5 dB(A).

Il contenuto del PRA è definito dall'articolo 7, comma 2, della L.447/95, nonché dalle procedure indicate dalla Regione, e dovrà perlomeno contenere i seguenti principali elementi:

- individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare;

- individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento;

- indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento;

- stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari;

- eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica.

A tal riguardo, può altresì essere utile riferire tale opera alle "Linee guida per l'elaborazione dei piani comunali di risanamento acustico" redatte nel 1998 dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente.

Fatto salvo quanto sopra argomentato, pare tuttavia utile voler chiarire che i limiti assoluti (emissione ed immissione) definiti dalla Classificazione Acustica assolvono, in via principale, alla definizione di appositi "tetti" al rumore, in misura tale da "legare" la destinazione del territorio prevista dal Piano Regolatore Generale (PRG) alle qualità acustica delle aree, al fine di consentire un loro adeguato utilizzo; mentre i valori limite differenziali di immissione, indicati dall'articolo 4, comma 1, del d.P.C.M. 14 novembre 1997, definiscono la valutazione del rumore legata alla percezione del rumore delle persone. Inoltre, mentre i valori assoluti, indicati dalla Classificazione Acustica, sono verificati in ambiente esterno, in facciata agli edifici esposti al rumore o in corrispondenza di spazi utilizzati da persone e comunità, e i livelli misurati vanno rapportati all'intero periodo di riferimento considerato, ossia alle 16 ore per il periodo di riferimento diurno (06-22) e 8 ore per quello notturno (22-06); i valori limite differenziali, invece, sono misurati all'interno degli ambienti abitativi esposti al rumore, a finestre aperte o a finestre chiuse a seconda di quale sia la maggiore condizione di disturbo, per il tempo nel quale si manifesta la specifica sorgente di rumore controllata.

Ciò comporta che, nei casi in cui il Comune perseverasse nel voler riconoscere alle aree interessate dalla presenza di attività produttive livelli di rumore più elevati, il principale vincolo al quale tali attività si dovranno rapportare è, con molta probabilità, quello relativo al c.d. "criterio differenziale", previsto dall'articolo 4, comma 1, del d.P.C.M. del '97.

Nell'istituzione del doppio vincolo (verifica dei valori assoluti e di quelli differenziali), previsto dal Legislatore nazionale, si riconosce l'opera attenta e lungimirante con la quale si è inteso limitare l'arbitrarietà dei Comuni, riconoscendo a questi uno strumento per la gestione del territorio, assunto dalla definizione della Classificazione Acustica, ma mantenendo ben saldi i principi di salvaguardia della Salute (Art.  32 Cost.) nell'ambito delle soglie di salubrità del rumore, più propriamente riconosciuti dall'applicazione del c.d. "criterio differenziale".

 

 

La Redazione: 16.01.2019

 

 

 

 

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