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Inquinamento acustico ambientale: in quali attività si nasconde il rumore dannoso?

Marzo 2012 - A cura di Micaela Marcon e Lara Trivellin - Ufficio stampa IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri

 

Sul posto di lavoro, per la strada, nei locali pubblici: il rumore non ci abbandona mai provocando effetti negativi non solo all’udito ma a tutto l’organismo. Ipoacusia, danni al timpano, vertigini; o ancora: aumento della pressione e del battito cardiaco, disturbi del sonno, interferenza con la comunicazione verbale: questi i danni più comuni che può causare una sovraesposizione al rumore. Ma se la differenza tra suono e rumore è soggettiva e un impianto hi-fi a tutto volume può essere melodia per un soggetto e rumore assordante per un altro, la normativa vigente e gli strumenti di misurazione che definiscono i livelli di rischio legati a un’eccessiva esposizione al rumore tutelando la salute di lavoratori e cittadini non lasciano dubbi.

Proprio di questo si occupano, in particolare, i Tecnici Competenti in Acustica Ambientale del Centro di Ricerche Ambientali di Pavia e di Padova in stretta collaborazione con i Medici di Medicina del Lavoro dell’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri: figure specializzate che, in base alla "Legge quadro sull’inquinamento acustico" (L. 447/95), offrono assistenza nella valutazione previsionale dell’impatto acustico alle aziende private, nel caso di apertura di nuove attività, e ai Comuni, per la definizione del Piano di Zonizzazione Acustica volto a individuare le aree del territorio dov’è richiesta una maggior tutela e un'azione di bonifica.

Il rumore rappresenta un importante fattore di rischio per la salute dei lavoratori e, in misura e modi diversi, della popolazione generale non professionalmente esposta al rischio. "La Legge 447/95 - afferma il dr. Francesco Frigerio, Fisico del Centro di Ricerche Ambientali di Pavia e Padova dell’IRCCS Fondazione Maugeri - riconosce le diverse forme di inquinamento acustico e stabilisce i principi fondamentali in materia di tutela sia negli ambienti di lavoro, sia negli ambienti di vita". "Inoltre, - prosegue il dr. Giuseppe Taino, dell’Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro dell’Istituto Scientifico di Pavia dell’IRCCS Fondazione Maugeri - le indagini condotte dall’INAIL pubblicate lo scorso luglio hanno evidenziato che l’ipoacusia da rumore è la seconda causa di malattia professionale, dopo le malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee. Dei circa 6 mila casi emersi nel 2010 il 16% riguardavano lavoratori che operano nel settore dell’industria e dei servizi, con un picco del 25% al Nord-Ovest e al Sud, e l’8% soggetti che sono impiegati nel settore agricolo".

Secondo i dati OCSE l’inquinamento acustico ambientale è attribuibile per il 63% al traffico stradale, per il 20% agli impianti industriali, per il 14% al traffico aereo e per il 6% a quello ferroviario.

In ambito occupazionale, il Testo Unico sulla Sicurezza negli ambienti di lavoro, recepita la Direttiva Europea in materia, stabilisce precisi livelli di azione e valori limite di esposizione per la tutela e protezione della salute dei lavoratori; prevede inoltre l’obbligo di sorveglianza sanitaria preventiva e periodica dei lavoratori esposti al rischio.

"Il suono - prosegue il dr. Frigerio - può danneggiare l’apparato uditivo quando il livello sonoro supera gli 80 dB(A); con l’esposizione ripetuta e prolungata a questo livello sonoro, per le 8 ore di lavoro, devono essere presi dei provvedimenti per evitare il rischio di ipoacusia. Inoltre, l’esposizione a rumore superiore a 140 dB di picco possono portare un danno irreversibile al timpano (il rumore di urti e esplosioni). Per questo nell’ambiente di lavoro è necessario limitare i rumori impulsivi e proteggersi se si praticano attività a rischio come la caccia e il tiro a segno. Diversa invece è la valutazione che riguarda l’inquinamento acustico ambientale perché è configurabile già in presenza di immissioni di livelli superiori a 40 dB(A) durante la notte e 50 dB(A) durante il giorno". È stato inoltre rilevato che l’esposizione cronica a rumore può dar luogo a una serie di altri effetti non legati prettamente a un danno dell’apparato uditivo: problemi psicologici e comportamentali, disturbi del sonno, aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, interferenza con la comunicazione verbale e la così detta "sindrome da stress" che si esplica a seguito dell’esposizione continuativa a rumori che stanno tra i 65 e 70 dB(A).

"Il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro - conclude il dr. Frigerio - ha inoltre recentemente introdotto gli ultrasuoni (ovvero i suoni a frequenza maggiori di 20 kHz) tra gli agenti fisici da valutare. Si tratta infatti di un "nuovo" agente di rischio. Le principali sorgenti nell’ambiente di lavoro sono il lavaggio per cavitazione e la saldatura di materiali termoplastici; in campo medico sono di un certo interesse i trattamenti di fisioterapia, mentre la diagnostica per immagini, operando a frequenze elevate e potenze limitate, non è considerata a rischio. La prevenzione è possibile, oltre che con la corretta manutenzione, controllando le emissioni alla sorgente: una semplice scatola di plexiglas spesso è sufficiente allo scopo".

I RISCHI DELLA SOVRAESPOSIZIONE AL RUMORE

Effetti sull’organo dell’udito
- esposizione ripetuta e prolungata superiore a 80 dB(A): ipoacusia (perdita dell’udito)
- esposizione oltre i 100 dB(A): fenomeno di Tullio (vertigine)
- esposizione superiore a 140 dB(A): danno irreversibile al timpano (urti o esplosioni)

Effetti extra-uditivi
- disturbi psicologici e comportamentali
- disturbi del sonno
- aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca
- interferenza con la comunicazione verbale
- "sindrome da stress" a seguito dell’esposizione continuativa tra i 65 e 70 dB(A)

 

Approfondimenti

Fondazione Salvatore Maugeri - Clinica del lavoro e della riabilitazione I.R.C.C.S.

Sito web: www.fsm.it

 

 

 

 

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