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Non scordiamo che l’Acustica restituisce principalmente emozioni

Febbraio 2014 - A cura di Luciano Mattevi
 

L’apprezzabile progresso tecnico cui stiamo assistendo in questi anni non ha conosciuto precedenti. Il diffondersi, su scala mondiale, della rete Internet ha consentito di condividere e sviluppare un enorme bagaglio di conoscenze, favorendo lo sviluppo della popolazione di ogni parte del Pianeta, un’onda inesorabile ed incessante che ha contagiato molti campi scientifici fra i quali quello dell’Acustica e, in particolare, di quella branca della materia che riguarda la diagnostica, legata al settore strumentale, ma anche di quella di elaborazione e valutazione, attraverso cui ha preso spunto il campo regolamentare tecnico-giuridico.

Un improvviso balzo in avanti che ha aperto le porte a nuovi interessi, dal momento che l’Acustica può rappresentare un variegato campo di applicazioni che il mondo scientifico e produttivo guardano con particolare interesse. Tuttavia, analisi di calcolo sempre più sofisticate ed apparecchiature sviluppate per le nuove esigenze hanno aumentato il divario tecnico fra professioni “comuni” e quelle che, invece, hanno saputo restare ancorate a questo improvvisa accelerazione di sviluppo, con il risultato che, molte applicazioni, risultano alle prime pressoché precluse, vuoi per la scarsa disponibilità di mezzi, vuoi per la limitata disponibilità di conoscenze e questo, inevitabilmente, non sempre è positivo per il cittadino medio che è chiamato a districarsi in questo sempre più oscuro mondo. Alcuni casi pratici. L’acustica nell’edilizia.

La classificazione acustica delle unità immobiliari, introdotta dalla serie di norme UNI 11367:2010 e 11444:2012, fatica a diffondersi nel campo delle costruzioni, vuoi per i costi aggiuntivi che assottigliano i margini di guadagno, oramai sempre più limitati a causa di un mercato sofferente, anche perché necessitano di procedure di verifica considerate complesse e dispendiose, attraverso un numero ragguardevole di misurazioni, vuoi perché, calare in un settore dal forte fattore inerziale tecniche di approccio sofisticate, è visto con una certa intrinseca riluttanza. Risultato, è ancora limitato il numero di casi nei quali viene riportata la classe acustica dell’edificio e, nonostante la certificazione debba avvenire ad opera di tecnici abilitati che dovrebbero asseverarne l’attendibilità, laddove presente, forse, non sempre è assicurato che questi seguano pedissequamente il rigore metodologico imposto dalla norma, forsanche per risparmiare tempo e denaro.

Altra questione aperta, anche di recente proposta nell’ambito della “Guida per il controllo e il monitoraggio acustico ai fini delle verifiche di ottemperanza delle prescrizioni VIA”, è quella che mira a voler introdurre la stima della incertezza nelle misure di rumore ambientale.

Insomma, quello che sembra trasparire è una netta ancorché inadatta distinzione fra termini di quantità e quelli di qualità. Non va infatti scordato che l’uomo, pur disponendo di un organo uditivo particolarmente complesso e sensibile agli stimoli sonori, questa sensibilità non si traduce nella sola componente oggettiva, riconducibile alla scala dei deciBel, bensì in una più pertinente, ancorché variegata, componente soggettiva, legata al concetto di “benessere”, desunto attraverso la scala emotiva, dal momento che la risposta al rumore avviene prevalentemente attraverso l’esternazione di fattori emozionali che, negli ambiti di “piacevole” o “fastidioso”, possono restituire espressioni del tipo “affatto”, “poco”, “abbastanza” o “molto”, attraverso i quali risponde il nostro sistema endocrino, variando taluni parametri ormonali. Per queste ed altre ragioni, molto più rappresentativo, apparirebbe, ad esempio, l’impiego di una scala di giudizi o piuttosto di una scala cromatica, suddivisa in intervalli di livello che la persona esposta valuti apprezzabili, piuttosto che la scala numerica, assai incomprensibile alla maggior parte delle persone, dato che risulta ancora difficile comprendere come mai un livello di 25 dB(A), in certi contesti, possa suscitare una reazione di disturbo maggiore che uno di 50 dB(A), in taluni altri.

Un’eccessiva premura nella definizione del misurando, frutto di una prevalente ideologia tecnica, seppur utile, può alle volte risultare dispersiva, qualora questa distolga dall’obiettivo principale che è quello di offrire risposte concrete attraverso benefici apprezzabili, ovvero, apprezzati soggettivamente, e non solo strumentalmente, fattori questi che risultano propri della scienza medica alla quale, è forse bene ricordare, l’Acustica è imprescindibilmente legata.

Coloro che hanno un po’ di anni di attività alle spalle, come chi scrive, avranno certamente modo di ricordare gli studi condotti dal Prof. Mario Cosa, medico e acustico che ha saputo coniugare molto bene aspetti quantitativi (i dati e le misurazioni) con aspetti qualitativi (gli effetti sull’uomo), certamente uno dei precursori in Italia di tale approccio scientifico.

La definizione del rumore ambientale non può quindi, semplicisticamente, assolvere ad un temine oggettivo ma questo deve favorire l’espressione di un “giudizio”, attraverso il quale la popolazione esposta possa venir sottratta dal manifestare i disagi provocati da un’eccessiva esposizione al rumore, avvalendosi di procedure semplificate che, se non alla portata di tutti, almeno di molti (pensiamo al riguardo i numerosi applicativi scaricabili su qualsiasi telefonino), poter esortare le Autorità locali a rispondere a determinate esigenze, e veder limitato il ricorso a sgradite, quanto apatiche risposte, del tipo: “Cosa vuole le dica?! Rispetta i limiti”.

 

 

 

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