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La risposta della Redazione

 

 

...Chi tutela le vittime dell'Inquinamento Acustico?

 

Egregio Signor Claudio,

supporre una qualche forma di connivenza, ancorché non punibile, dell'Amministrazione pubblica locale (Comune) sarebbe, probabilmente, fin troppo semplice, ma desideriamo invece mantenere viva la convinzione che quanto occorso sia solamente il risultato di una serie assai sfortunata di coincidenze.

Stando al Suo scritto, l'origine del disagio è da attribuire alle operazioni di carico/scarico che hanno luogo principalmente all'interno di un'area diversa da quella originariamente indicata dagli elaborati progettuali, e non di secondaria importanza, occupando uno spazio pubblico. Definire i motivi di questa difformità progettuale richiederebbe, tuttavia, un adeguato approfondimento tecnico-legale, a partire dall'esame della dichiarazione del Direttore dei Lavori attestante la conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, presentata al Comune ad ultimazione dell'intervento edilizio, la quale avrebbe semmai dovuto evidenziare siffatte criticità e di cui il Comune avrebbe dovuto debitamente valutarne gli effetti nell'ambito decisorio che ha portato al rilascio del certificato di agibilità, avendo tale documento il compito di attestare il verificarsi delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità di un immobile e dei suoi impianti, sulla base delle prescrizioni della normativa vigente. Il fatto poi che le operazioni rumorose avvengano all'interno di una pertinenza pubblica, demanda al gestore della cosa pubblica (Comune) la facoltà di istituire eventuali ulteriori limitazioni (quali divieti od orari) per contenere gli effetti cagionati dal rumore dell'attività, vigilando al contempo che tali disposizioni siano scrupolosamente osservate.

Al Comune compete inoltre l'onere di verificare la corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti del documento di previsione dell'inquinamento acustico fornito dall'Azienda all'atto della domanda di autorizzazione all'edificazione o all'esercizio dell'attività.

Ad ogni buon conto, l'attività deve compiersi nel rispetto delle soglie limite di rumore, definite dalla Classificazione Acustica del Comune, ma anche nel rispetto dei valori limite differenziali di immissione indicati dall'articolo 4, comma 1, del d.P.C.M. 14.11.1997 (Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore), i quali definiscono l'incremento massimo di rumore consentito rispetto ai livelli di rumore presenti quando la sorgente di rumore disturbante è spenta o non operativa (c.d. criterio differenziale). La verifica dei valori differenziali viene eseguita all'interno degli ambienti abitativi maggiormente esposti al rumore, a finestre aperte o a finestre chiuse, a seconda di quale che sia la condizione di disturbo maggiore.

All'esito delle verifiche, demandate all'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA), qualora venisse accertato il supero dei predetti valori limite, a carico del trasgressore è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'articolo 10, comma 2, della Legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico) oltre all'emanazione di apposita diffida con la quale disporre, entro un congruo termine, il rientro nelle soglie limite di rumore.

Qualora il Comune si dimostrasse inoperoso nel voler porre rimedio al fenomeno dell'inquinamento acustico o, finanche, dimostrasse di non volerlo adeguatamente contrastare, potrà valutare l'opportunità di esporre all'Autorità Giudiziaria il caso, volendo per questo essere accompagnati dal supporto di un proprio consulente legale che aiuti a definire gli eventuali responsabili del disturbo arrecato alle persone esposte al rumore generato durante l'esercizio dell'attività oggetto di reclamo.

Cordialmente.

 

La Redazione: 28.03.2015

 

 

 

 

 

 

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